APPUNTI E NOTE SULL'INSEGNAMENTO DELLA DOCUMENTAZIONE
Roma, 1967

Non possiamo parlare di addestramento professionale o d'insegnamento della documentazione se non chiariamo bene, ed una volta per sempre, il concetto e il contenuto di questa disciplina. Non basta dire: "occorre insegnare la documentazione" perché presa di per sé la frase non ha alcun senso. Vediamo quindi di affrontare prima il significato della parola documentazione seguendo, né più né meno, quanto la stessa Federazione internazionale ha stabilito nel suo Statuto. Intorno a questo concetto base o perno girano poi tutti gli altri problemi che ad esso si riallacciano. Per raggiungere tale scopo bisogna affondare bene e con cautela e con spirito obiettivo nelle radici stesse della definizione ufficiale. Quale è stata la prima definizione della documentazione? In essa è evidente l'influenza del concetto di bibliografia. Non c'è dubbio che il movimento documentalista della fine dell'ottocento è sorto in seno alla bibliografia. Si potrebbe dire che la documentazione, intesa quale corrente culturale, sia figlia della bibliografia. Ma ad un certo momento la madre non è stata più fiera, orgogliosa della figlia, al punto che fra i seguaci dell'una e dell'altra sono sorte, a più riprese, ripicche, gelosie, diffidenze, rivalità, del resto a mio avviso giustificatissime.

D'altra parte la crescita, lo sviluppo rapido, l'evoluzione e infine l'emancipazione della figlia ha fatto sì che essa se ne stia andando via via per la sua strada. Infatti molti bibliotecari l'hanno spesso considerata un'intrusa, una confusionaria! L'opera dell'Otlet che si può considerare la Magna Charta della documentazione non contribuì però a chiarire le idee in proposito. Nel frattempo dalla costituzione della FID la documentazione riuscì a superare felicemente ben due guerre mondiali, segno evidente della sua costante vitalità ed efficienza. Ma da allora ad oggi quali trasformazioni ha subito la società!

Infatti la FID stessa sentì il bisogno nel giugno del 1953 di dare nel suo Statuto una nuova definizione della documentazione, cambiando la parola documentazione in quella di "informazione". Ritengo che forse non molti allora si siano resi conto della portata di questa determinazione della documentazione. Sia pur progredendo sensibilmente più che altro nel campo dell'automazione e della riprografia, la maggior parte ei problemi che la nuova definizione imponeva all'attenzione degli studiosi è rimasta tuttora nell'ombra. Si è ancora, comunque, seguitato a giudicare la documentazione niente altro che un ampliamento ed un ammodernamento della bibliografia. Eppure qualcosa di profondamente nuovo è avvenuto nella vita della società moderna. Il termine "documentazione" sostituito da quello dell'informazione fu visto più che altro quale indice della nuova mentalità documentaria volta alle nuove tecniche elettroniche. Così da una confusione: bibliografia-documentazione si passò ad un'altra documentazione-automazione-riprografia. Ma secondo me il complesso fenomeno del l'informazione non si esaurisce nello studio della meccanizzazione documentaria. Ben altri aspetti ci rivela un più approfondito esame della questione. Non si può raccogliere, ricercare, analizzare, sintetizzare, riprodurre e diffondere l'informazione senza sapere bene prima che cosa essa sia. E' tutto un mondo che non viene neppure preso in esame, di norma, e al quale quasi mai s pensa possa interessare il nostro quotidiano lavoro.

Ma non si può d'altra parte seguitare ad essere più o meno utili ad una sola parte della società, alla parte così detta colta, ad un'élite direi, ai dotti, agli scienziati, agli industriali, anzi ai grandi industriali, agli studenti già un po' meno. Abbiamo il dovere di inserirci nella società intiera e vivere in essa apportandole utilità concrete. Se si vuol far progredire davvero questa nuova disciplina bisogna coraggiosamente percorrere quella strada. Altrimenti ci illudiamo di camminare, ma in realtà restiamo fermi sulle posizioni del 1907 e non facciamo che rimurginare le solite questioni della classificazione automatica o no, dei sistemi riprografici. Per sentirci essere vivi in questo mondo così tormentato è indispensabile vivere dei problemi che affannano l'umanità intiera, non estraniarci in una torre d'avorio nella quale accedono solo gli eletti. Mi dite a chi oggi interessano i problemi della documentazione? a ben pochi se rapportati ai membri di una società intiera. Si prova la sensazione che la documentazione si sia cristallizzata in un processo culturale, basato ormai dalla sua nascita su schemi fissi che si vanno ripetendo sino alla monotonia e che riguardano in prevalenza se non addirittura esclusivamente l'ammodernamento delle biblioteche speciali.

Del resto se si vuol giungere anche ad un riconoscimento ufficiale della figura del documentatore bisogna prima conferirgli una veste dignitosa, bisogna presentarlo con compiti chiari, padrone di una coscienza sociale di alto grado.

Per anni mi sono posto questi inquietanti interrogativi e per anni ho cercato di trovare una risposta soddisfacente.

E' necessario, d'altra parte, l'insegnamento della documentazione? indispensabile ritengo, sempre che sia accompagnato da numerose esercitazioni pratiche ben organizzate.

Una volta scoperto un terreno comune è possibile una determinazione più positiva del rapporto tra documentazione e informazione: non con la confusione dei loro compiti, ma con la precisa distinzione di essi, allo scopo di ricavare dalla differenziazione stessa la ragione del loro rapporto. Quel terreno comune è dato proprio nel nostro caso dal problema documentalistico.

Nello stendere un programma di una scuola ideale non bisogna lasciarsi prendere la mano dalla fantasia più sbrigliata perché si corre il rischio di cadere nell'assurdo e nel ridicolo.

Per tentare di giungere alla costituzione di una vera e propria documentazione intesa quale "metodologia del lavoro intellettuale" è innanzi tutto necessario abbattere le presenti barriere: far incontrare documentatori e tecnici dell'informazione, giornalisti, registi cinematografici, editori, cibernologi, archivisti, conservatori di musei, bibliotecari, sociologi, riprografi, al fine di mettere a confronto metodi, esigenze, problemi, discutere con il massimo impegno e obiettività i risultati finora ottenuti da ognuno dei loro rappresentanti, analizzarne con spirito critico i presupposti, commisurarne le conclusioni, affrontare con il senso della gradualità lo studio del fenomeno dell'informazione visto nella sua interezza, avvalendosi anche di indagini, capaci di analizzare a fondo i numerosi e complessi problemi metodologici. Nel corso di tali studi dovrebbe essere prevista la verifica di diverse ipotesi di lavoro. Gran parte dei risultati ottenuti oggi in quest'ordine di osservazioni, registrati nella relativa letteratura specializzata non possono costituire che "ipotesi di lavoro" da assoggettare a verifiche e, in quanto tali, esse sono assai stimolanti ai fini dell'elaborazione della nuova disciplina, che deve ancora evolversi. Del resto, nell'individuare, nel caratterizzare sempre più precisamente la documentalistica si pensa di compiere un'opera proficua a quanti ne sentano la necessità di chiarire a sé stessi il problema della metodologia del lavoro intellettuale nella sua totalità. Certo per svolgerlo con serietà, occorre sempre munirsi di dotazioni necessarie ad intraprendere, con sicuro successo, qualsiasi tipo di lavoro documentario. D'altra parte chiunque speri con sincero senso della responsabilità nella nuova vita sociale deve pur agire non più solo secondo le leggi del tornaconto proprio e di pochi atri eletti, ma sforzarsi anche di dare un contributo attivo alla soluzione di annosi numerosi problemi di fondo della società e all'eliminazione dei residui squilibri al fine di accelerarne la diffusione dell'evoluzione, volta all'elevazione morale e materiale di tutte le categorie, senza distinzione di sorta. Questo deve essere appunto uno degli obiettivi essenziali dell'uomo che lavora nei vasti campi della documentazione, sensibile ai nuovi orientamenti della società, capace di collaborare in misura fattiva al benessere e al progresso sociale nelle sue più svariate attività del mondo del lavoro.

Ora tutte le volte che leggo saggi o opere o partecipo a congressi sulla documentazione oppure quando svolgo il mio corso di lezioni sulla metodologia documentaria resto sempre con un vago senso di scontentezza, d'insoddisfazione, difficile ad esprimersi. Provo l'impressione di girare intorno al problema, ma di non riuscire a sviscerarlo per intiero e soprattutto di non presentarlo con quella chiarezza, semplicità e ordine indispensabile a rendere evidente il mio pensiero. Qualche volta, però, mi pare di accorgermi che anche altri documentalisti provino i miei stessi dubbi, le mie stesse perplessità. La verità è che a tutt'oggi esiste una tremenda confusone di idee su questa moderna particolare disciplina. La si potrà denominare documentazione, documentologia, docologia, ecc. ma la confusione permane pur sempre. A proposito, per esempio, dell'ultimo Congresso internazionale svoltosi a Roma nel 1964 per iniziativa del CNP, pur partecipando al coro di lodi rivolto a tale ente per la coraggiosa iniziativa, sfogliando i due grossi volumi che raccolgono le relazioni e le comunicazioni presentate mi sono domandato ancora una volta: "ma questo convegno non riguarda quasi esclusivamente problemi delle biblioteche specializzate? del resto non apparteneva la maggior parte dei congressisti alla classe dei bibliotecari? ma allora, se così è, perché seguitare a chiamare documentazione ciò che in realtà, almeno finora, altro non è se non bibliografia o biblioteconomia moderna? e sono, quindi, soltanto questi i problemi della documentazione? ma allora, se questo è vero, ha ragione il Biorkbom, direttore della Bibliote della Scuola superiore tecnica di Stoccolma, quando in una importante inchiesta svolta nel 1956 dal prof. Pietsch sul significato del termine documentazione, avanza la domanda "se e in quanto tale espressione abbia ancora un qualche significato e, in caso affermativo, se essa non sia piuttosto dannosa, anziché utile, in quanto essa concorre ad accentuare la differenziazione tra coloro che praticano la tecnica bibliografica e i bibliografi da un lato, e i documentalisti dall'altro". E prosegue dicendo: "al principio di questo secolo, il movimento documentalistico si manifestò come una reazione contro il bibliotecarismo di allora, che non aveva nessuna possibilità e talvolta anche nessun interesse ad accontentare le necessità d'informazione letteraria degli studiosi e specie di coloro che operavano nell'ambito scientifico". Il movimento documentalistico non nacque con qualcosa di fondamentalmente nuovo; il bibliotecario moderno dovrebbe essersi reso conto chiaramente che l'attività bibliografica, vale a dire la documentazione, rientra proprio nell'ambito delle sue attribuzioni.

La documentazione è oggi attuata, in scala più o meno vasta, presso tutte le biblioteche e, pertanto, non vi è alcun motivo di mantenere in vita questo vocabolo. Tutto al più se si volesse mantenere il termine "documentazione" lo si potrebbe fare perfettamente lasciandole il valore attribuitole dall'Otlet, all'inizio del movimento documentalistico, "la documentazione si occupa della raccolta e dell'ordinamento, e dell'utilizzazione dei documenti" in cui a quest'ultimo termine si attribuisce il significato di qualsiasi mezzo atto a conservare, e a comunicare dati e informazioni. La parola contiene o meglio conteneva un ampliamento e di attività bibliotecaria. Mentre quest'ultima si occupava principalmente di materiali stampati ed anche di manoscritti e di documenti originali di carattere storico, la documentazione doveva avere per oggetto tutti i mezzi atti a fornire informazioni e notizie: rapporti scritti a macchina e duplicati, dischi fonografici, nastri per registrazioni acustiche, fotografie, films.

D'altra parte su questo spetto del problema pure così importante la Federazione internazionale non è riuscita finora ad esprimere il suo autorevole schietto pensiero. Si direbbe anzi che l'abbia sempre rimandato di volta in volta, in occasioni di Congressi o di riunioni del Comitato esecutivo. Persino lo stesso prof. Frank, un'autorità indiscussa nel campo degli studi sulla documentazione, nella premessa al Manuale pubblicato di recente sotto gli auspici della FID e diretto dal Frank stesso "Modern documentation and information practices" non si è voluto pronunciare con chiarezza su questo argomento: cosa è la documentazione? Eppure l'importanza del quesito è tale da giustificarne la sua viva attualità ed assoluta urgenza. Altrimenti si rischia di seguitare a percorrere il solito cammino della bibliografia e della biblioteconomia: le quali discipline e tecniche hanno la loro indiscutibile importanza, ma non rappresentano che un aspetto, sia pure interessante, ma non prevalentemente, della documentazione. Ora aprite una rivista qualsiasi di "documentazione" e ditemi francamente se non vi trovate per il novantanove per cento articoli, saggi, studi, elenchi che interessano solo biblioteche, in prevalenza quelle speciali. Degli innumerevoli tipi di archivi di aziende, dei così detti uffici informazioni, dei musei, dei documentari cine-radio-televisivi e di tanti altri gruppi promotori documentari, nonché dei problemi non meno numerosi riferentisi alla documentazione divulgata o volgarizzata per le grandi masse, per le scuole, neppure una parola!

D'altronde come si può fare a tracciare un programma veramente utile e pratico per corsi di addestramento o di aggiornamento!? come si può istituire un'apposita scuola che risponda a concrete esigenze? se non si hanno prima idee ben chiare sul concetto generale della documentazione? Non ci si accorge che, in realtà, questi corsi, queste scuole hanno sempre, più o meno, gli stessi discenti e non sono altro che scuole di biblioteconomia speciale o moderna?

E' vero che si tratta di un problema di vaste dimensioni, ma non per questo deve essere accantonato, in attesa di un futuro che però non arriva mai! si tratta di dare a ciascuna persona che lavora nel vasto mondo della documentazione l'esatto significato di ciò che compie, nell'esclusivo interesse della società intiera. Non ho davvero la pretesa, né posso averla, di risolvere da me solo il problema, ma desidererei almeno che le mie parole servissero ad una prima messa a punto del complesso problema. Occorre assolutamente ed urgentemente un impegno di massima chiarezza. Bisogna, secondo me, convincersi che non si può più seguitare a studiare e ad insegnare la documentazione senza conoscere bene e a fondo la tecnica sociale dell'informazione: cima della piramide alla cui base stanno le tecniche documentarie.

Ora trattandosi di una disciplina ancor giovane, basti pensare che il primo trattato generale è appena del 1934, è necessario insistere sulla chiarezza dei suoi compiti e soprattutto sull'esatta interpretazione delle sue caratteristiche essenziali. Purtroppo, come ho già detto, si continua imperturbabilmente a interpretare la documentazione, vocabolo già di per sé stesso suscettibile di troppe e disparate interpretazioni nell'uso del corrente linguaggio, un ampliamento della bibliografia, così come la definì nel 1940 il Fumagalli. Si rischia persino di trasformare, in conseguenza, l'insegnamento della documentazione in quello di puri principi biblioteconomici e bibliologici.

Certo più semplice e più facile sarebbe adagiarsi nella corrente comune, dichiararsi d'accordo su quanto ormai pensano i più. Ma siccome sono profondamente convinto del contrario e siccome d'altra parte la lunga esperienza acquisita in tanti anni di lavoro documentario e di studi ha confermato in ogni occasione il mio punto di vista, ho cercato di vedere più chiaramente tutto il problema, seguendo un indirizzo metodologico. Non ho mai dubitato, né dubito della piena coscienziosità, impegno e dottrina degli autorevoli colleghi. Apprezzo grandemente e sinceramente le indiscutibili benemerenze della loro indefessa opera e dei loro studi. Riconosco pure che il giudizio loro è fondato su principi di perfetta buona fede e di assoluta rettitudine: ma siccome è mia natura non nascondere né dissimulare mai quello che penso, credo sia dovere di lealtà esprimere l'opinione mia anche se diversa da loro. Esprimendola apertamente sotto la piena ed esclusiva mia responsabilità non intendo, sia questo ben chiaro, offendere i sentimenti altrui dei quali sono, per natura e per educazione, rispettosissimo, ma solo di dichiarare il mio disaccordo su certe interpretazioni correnti della documentazione. Ecco perché ritengo che occorra esporre il diverso ordine di idee con tale imparzialità, precisione, chiarezza che, anche chi non è d'accordo come me, possa essere almeno indotto a riflettere e a meditare sulle proprie convinzioni.

Questi appunti modesti ed affrettati intorno ad un problema di così vaste proporzioni, potranno dare piuttosto la impressione di una raccolta di temi da svolgere o di argomenti da meditare. Ma se forniranno ad ognuno l'occasione di ripensarli per proprio conto, la mia esposizione avrà raggiunto uno scopo tale da giustificarli. Riuscirà forse più gradito offrire anziché una catena logica ordinata e perfetta alcuni spunti evidenti e interessati. Ora sviluppare concetti, ravvicinare richiami, colmare lacune, interpretare paradossi, organizzare impressioni sono un po' opera di creazione e di scoperta: che persuade e decide all'azione forse meglio di un'esposizione organica e completa. A mio parere la documentalistica comprende un insieme di tecniche: la tecnica bibliografica, la tecnica archivistica, la tecnica museografica, la tecnica della documentazione aziendale; questo primo gruppo di tecniche potrebbe essere quello riferentisi alla "documentazione analitica", in contrapposto al secondo gruppo delle tecniche documentarie, strettamente meccaniche: tecnica riprografica, tecnica automatica e tecnica audiovisiva.

A proposito poi della tecnica bibliografica o bibliografia bisogna chiarire che bibliografi e bibliotecari devono seguitare a svolgere il loro normale e naturale lavoro, senza per altro trasformarsi in veri documentatori.

L'errore dell'Otlet fu quello di voler tentare di innestare sulla bibliologia la documentologia. Tale errore si è andato perpetuando, più o meno, fino ai nostri giorni. Bibliotecari, archivisti, conservatori di musei ecc. fanno parte della grande famiglia dei documentatori, si avvalgono di tutti gli strumenti meccanici documentari, ma conservano integre le loro prerogative specifiche professionali. Del resto questo equivoco si riscontra anche nella produzione vera e propria di ciascuno di tali professionisti o impiegati. Ritengo anzi che dare un'interpretazione più chiara e precisa della documentazione, tendente a differenziare sempre meglio questa dalle tecniche che in pratica la compongono giovi a far cadere, una buona volta, tutte le inutili gelosie di mestiere e le relative polemiche nonché i motivi di attrito fra documentatori e bibliotecari o archivisti. Si seguitano, ad esempio, a stampare nel mondo Bollettini di documentazione su questa o quella disciplina che invece altro non sono se non Bollettini di bibliografia pura e semplice. Si seguita a dire che una biblioteca specializzata è anche un centro di documentazione, ma non si vede perché non la si consideri tale allora anche una redazione di un quotidiano o un ufficio di brevetti o un qualsiasi servizio d'informazioni di un dicastero o di un ente privato. A questo punto mi si potrà domandare: ma allora, per esempio, cosa si deve intendere per archivista? né più né meno ciò che essa è sempre stata: la scienza che insegna a bene ordinare gli archivi storico-letterari. Troviamo anche in questa tecnica le seguenti note operazioni: 1) registrazione o presa in carico; 2) classificazione, cernita ed eliminazione; 3) schedatura; 4) inventario: descrizione di un fondo o di un reparto. E per museografia? quel complesso di norme e di pratiche che si riferiscono all'istituzione, conservazione, progresso dei musei, intesi anch'essi quali importanti gruppi documentari. Le operazioni sono: riunire e classificare, conservare e proteggere, esporre e esibire, studiare, diffondere. Nel mondo degli affari, del commercio, dell'industria, ogni ente deve, per forza, affrontare quotidianamente problemi e svolgere lavori tipicamente documentari, perché il fattore "informazione" e il fattore "tempo" hanno un'importanza essenziale. Di qui sorge la necessità di conoscere le norme della documentazione aziendale. In questi ultimi tempi anzi si è potuto osservare, fra l'altro, che il concetto di documentazione si è andato in pratica sempre più estendendo sino a comprendere la raccolta, l'ordinamento e la diffusione di qualunque oggetto che debitamente conservato e registrare in un modo o in un altro, serva ad informare. Pensiamo ad un magazzino qualsiasi ove si tengano in deposito merci varie, prodotti della natura o dell'industria: ebbene tutto questo materiale così eterogeneo può, anzi deve, essere regolarmente registrato e codificato secondo norme di metodologia documentaria. Del resto si è verificato il caso già in alcune aziende che hanno inteso la necessità di adottare sistemi di registrazione e classificazione per il materiale di ricambio, seguendo appunto criteri di metodologia documentaria, ottenendone risultati più che confortanti.

Tornando a parlare del volume della FID "Modern documentation and information practices" non si può fare a meno di osservare che nell'introduzione è detto, fra l'altro, "a capo di queste organizzazioni-biblioteche specializzate, centri, servizi, uffici informazioni, centri o servizi di documentazione o bibliografici - così differentemente denominati ci sono persone altrettanto diversamente chiamate: bibliotecari speciali, agenti d'informazione, documentalisti. Le ragioni per le quali un certo nome o un certo titolo dovrebbero essere attribuiti ad una di queste varie funzioni e ad una delle persone che le eseguono sono per la massima parte parole senza significato e differiscono secondo le circostanze e le nazioni. In questo manuale non è sembrato utile far distinzioni e tentare di raggiungere un'unificazione internazionale in questo campo, perciò uomini e denominazioni sono adoperate senza precisa accezione". Ora è per lo meno strano, secondo me, che in un'opera edita a cura del supremo organismo internazionale di documentazione, compilata da un gruppo dei più noti e illustri competenti della materia, non si sia neppur tentato di indicare, sia pure in linea di massima, alcuni concetti fondamentali della documentazione e dell'informazione.

Il significato di questi due termini seguita così a restare avvolto nella nebulosità, prestandosi quindi ad una quantità di equivoci. Tale situazione ritengo che non giovi proprio alla comprensione e alla diffusione e all'affermazione degli studi riflettenti questo fenomeno sociale, che pure sta assumendo nella vita moderna, un'importanza sempre maggiore.

Del resto anche tutto il testo del manuale si riferisce più che altro ad argomenti strettamente bibliografici e biblioteconomici. Di documentazione, anzi per essere più precisi, di documentalistica se ne parla ben poco in alcune parti dell'opera. Quindi meglio sarebbe stato intitolarla "Elementi o appunti di biblioteconomia speciale moderna".

Solo nella sociologia, intesa quale scienza che studia i fenomeni della società umana, la documentazione o documentalistica trova la sua logica effettiva concreta impostazione metodologica, il posto esatto che le spetta nel mondo dello scibile.

Nel corso degli studi della documentalistica è prevista la verifica di alcuni ipotesi d lavoro, gran parte dei risultati ottenuti oggi in quest'ordine di studi e registrati nella relativa letteratura specializzata non possono costituire che "ipotesi di lavoro" da assoggettare a verifiche e, in quanto tali, esse sono assai stimolanti ai fini dell'elaborazione di questa nuova disciplina. D'altronde nell'individuare sempre meglio la documentalistica si pensa di compiere opera proficua a quanto ne sentano la necessità di chiarire a se stessi il problema di questa metodologia del lavoro intellettuale.

Bisogna sempre tener presente che un altro ostacolo da non sottovalutare è costituito dal gran numero di cialtroni, di ciarlatani, i quali, spacciandosi per esperti documentalisti, vendono ricette miracolistiche. Questi improvvisatori poggiano la loro autorità su di un insieme di elementi concomitanti del tutto illusori: facilità di parola, aspetto ottimo, relazioni personali, non solo non riescono a concludere nulla di buono, ma gettano discredito su questa nuova disciplina.

Scriveva un dotto gesuita nel 1647, p. Baltasar Graciàn, a proposito del valore e dell'importanza dell'informazione; "la maggior parte della vita la passiamo assumendo informazioni. Il meno è ciò che vediamo: noi viviamo completamente sulla fede altrui. La verità di solito si vede: insolitamente si ode: rare volte giunge pura e schietta, e ancor meno quando viene di lontano: sempre porta con sé qualche poco di mistura degli affetti attraverso i quali passa. La passione tinge dei suoi colori quando tocca, ora nemica, ora favorevole. Occorre tutta la penetrazione su questo punto per scoprire l'intenzione di colui che fa da intermediario, investigando in precedenza da quale motivo sia stato mosso per informarsi. La riflessione deve controllare ciò che è difettoso e ciò che è falso.

Quali sono le necessità attuali della Scuola di tecniche dell'inormazione?

Al fine di diffondere con appropriati metodi lo studio del fenomeno sociale dell'informazione e delle sue applicazioni venne fondato in Roma, nel 1947, l'Istituto Italiano di Pubblicismo che promosse l'istituzione, in successivi periodi di tempo: del Corso Propedeutico alle Professioni Pubblicistiche; della Scuola di tecniche dell'informazione e del Centro Nazionale per gli studi sull'informazione.

Il Corso propedeutico alle professioni pubblicistiche, istituito in seno alla Facoltà di Scienze statistiche demografiche e attuariali dell'Università degli studi di Roma, a norma dell'art. 20 del T.U. sull'Istruzione superiore (R.D. 31 agosto 1933, n.1592), ha lo scopo di illustrare con metodo sociologico il fenomeno dell'informazione ed ha appunto la sua sede presso la citata Facoltà dove si insegnano quelle discipline che, come la Sociologia e la Statistica, permettono lo studio qualitativo e quantitativo dei fenomeni che si manifestano nei processi di informazione. Questi studi si integrano tramite il contributo della storia dei principali strumenti dell'informazione, della legislazione, della statistica applicata alle manifestazioni del fenomeno stesso, ma soprattutto si concretano tramite lo studio della sociologia, in alcune delle sue più interessanti accezioni come la "Tecnica sociale dell'informazione" e la "Teoria dell'opinione".

La Scuola di tecniche dell'informazione, di carattere applicato, si propone la preparazione dei tecnici dell'informazione, inteso questo termine nella sua più larga accezione, ed ha per oggetto, nei relativi piani di attuazione, lo studio dell'informazione dell'attualità o giornalismo, della propaganda ideologica, della pubblicità commerciale, della documentazione scientifica, delle così dette "public relations", della pubblicistica militare, nonché di altre particolari tecniche di cui si servono le organizzazioni sociali moderne quali la propaganda turistica, quella per gli scambi commerciali con l'estero, quella per le imprese assicuratrici, l'organizzazione delle mostre e delle fiere, ecc. Qui si studiano pure le più importanti tecniche relative agli strumenti dell'informazione: tecnica del giornale, tecnica della cinematografia, tecnica della propaganda orale, tecnica delle arti grafiche, tecnica della riprografia e della documentazione automatica.

Il Centro nazionale per gli studi sull'informazione , è sorto nel quadro della collaborazione internazionale promossa in questo settore, sotto gli auspici dell'UNESCO, dalla: Association Internationale des Etudes et Recherches sur l'Information, con sede in Parigi. Il Centro si propone di sviluppare contatti di studio fra quanti, enti e persone, si occupano dei vari problemi attinenti all'informazione; di prendere ogni altra iniziativa utile ad assicurare l'impulso ed il coordinamento di quesi studi in Italia, nonché di tenere i rapporti con la suddetta associazione internazionale. Il Centro so organizza nelle seguenti Sezioni: 1) Storia; 2) Diritto; 3) Politica ed economia; 4) Sociologia e psicologia applicata; 5) Tecnica e applicazioni dell'informazione.

La scuola di tecniche dell'informazione fornisce la cultura metodologica e tecnica, specifica a chi si proponga di esercitare la nuova professione di "Tecnico dell'Informazione".

A tal fine viene impartita una preparazione propedeutica e conferito un titolo di qualificazione professionale:

Sono particolare oggetto della scuola lo studio dei più aggiornati ed appropriati metodi per l'attuazione dei "piani di informazione".

La scuola si articola in due Corsi uno a carattere scientifico, propedeutico; l'altro a carattere tecnico che fornisce cognizioni sulle applicazioni della tecnica dell'Informazione come s'è detto sopra.

L'attività didattica che si svolge tramite la Scuola è sottoposta alla vigilanza dei competenti organi del Ministro della Pubblica Istruzione.

Alla fine degli studi, quali sono previsti dal piano didattico dei due corsi, viene conferito agli allievi il titolo di "Esperto di tecniche dell'informazione".

Il titolo viene conferito da una Commissione della quale fanno parte i rappresentanti della Presidenza del Consiglio, Sottosegretariato per le informazioni, del Ministero della Pubblica Istruzione, del Ministero per l'Industria e il Commercio, nonché quelli degli Enti e delle Associazioni Professionali interessate.

La Scuola di tecniche della documentazione dovrebbe avere per scopi:

a) la formazione professionale dei documentatori alimentando i nuovi quadri aziendali con elementi sempre più addestrati e capaci, dal punto di vista scientifico e tecnico;

b) la diffusione dello studio delle tecniche documentarie elevando il grado di preparazione dei suddetti elementi in modo da renderli idonei ad affrontare le complesse esigenze dell'informazione.

La Scuola dovrebbe raggiungere le sue finalità istituzionali mediante la seguente struttura:

A - corso di formazione documentaria

Possono iscriversi al corso coloro che sono in possesso di un diploma di Scuola superiore o titolo equipollente.

  1. durata del corso: il corso è biennale e si svolge durante il periodo di otto mesi
  2. orario delle lezioni: le lezioni, con inizio alle ore 19,30, saranno distribuite in tre giorni della settimana con un massimo di tre ore giornaliere.
  3. materie d'insegnamento: tecnica sociale dell'informazione; metodologia documentaria; tecnica della riprografia; tecnica della documentazione aziendale; tecnica bibliografica; tecnica della documentazione audio-visiva; tecnica museografica; tecnica della documentazione automatica.
  4. corsi monografici: i corsi fondamentali saranno integrati da corsi monografici, comprendenti un ciclo di poche lezioni seguite da dibattiti, vertenti su argomenti di particolare interesse afferenti alle materie di insegnamento.
  5. corsi di specializzazione: vengono attuati in specifici settori di tecnica documentaria e sull'impiego di tecnologie più moderne per la soluzione di particolari problemi di gestione aziendale.
  6. sistema d'insegnamento: tutte le materie sono trattate con il sistema delle discussioni guidate e delle esercitazioni pratiche.
  7. visite di istruzione: ogni anno sono effettuate visite a stabilimenti, a servizi di documentazione in Italia e all'Estero.
  8. conferenze: ad integrazione delle lezioni è previsto ogni anno un ciclo di conferenze svolte da personalità del mondo culturale e industriale su argomenti particolarmente interessanti e sulle tecniche più avanzate.
  9. attestati e frequenze: al termine del corso viene rilasciato dalla Scuola un attestato a che abbia preso parte ad almeno sette decimi delle lezioni e delle esercitazioni ed abbia superati con esito favorevole gli esami di tutte le materie e presentato una relazione finale su un argomento specifico di una delle discipline del corso.
  10. sede dei corsi: i corsi si effettueranno nella sede del………….. in via…….ed avranno inizio in novembre secondo orari e programmi che saranno resi noti a tempo debito.
  11. norme per le iscrizioni: colore che si vorranno iscrivere dovranno presentare, entro il mese di ottobre, domanda in carta legale da £ 400 alla Direzione della Scuola. Contemporaneamente allegheranno alla stessa la quietanza delle tasse: £ 180.000, ripartite in tre rate di £ 60.000 ciascuna. Alla domanda dovranno essere allegati: certificato di nascita; certificato di buona condotta; certificato scolastico comprovante che il richiedente è in possesso di un diploma di scuola media superiore.
  12. corso intensivo: le stesse finalità del corso di formazione possono essere conseguite mediante un corso intensivo che si svolgerà in un periodo di tempo non inferiore ai 30 giorni, con una media di lezioni di 7 ore giornaliere. Il corso sarà tenuto nel periodo gennaio-aprile e sarà limitato solo a 20 allievi.

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